Radio nell'aviazioneLa radio e l’aviazione sono state fra loro nemiche per alcuni anni al principio di questo secolo.
Quando Marconi annunziò verso il 1906 la possibilità di impiegare la radio a bordo dei dirigibili, di cui allora si costruivano i primi modelli, vi fu una levata di scudi da parte dei cosidetti dirigibilisti: tale applicazione della radio veniva considerata assai pericolosa durante la trasmissione eseguita con apparecchi a scintilla presso l’involucro dei dirigibili ripieno di gas.
A questa data gli aeroplani erano ancora nella mente di pochi. Perciò, chi avesse osato parlare allora di un connubio della radio con l’aviazione per servizi di comunicazione a grande distanza avrebbe provocato il sorriso ironico degli ascoltatori. A tale riguardo, riportiamo il seguente episodio dal diario di Solari:
“Aprile 1905 – Quando al teatro Paganini di Genova parlai durante la mia conferenza del possibile connubio della radio con l’aviazione in servizi a grande distanza, un lungo mormorio del pubblico interruppe il mio discorso. Una voce tonante si levò dalla platea e disse: “Non esageriamo!”
Ritenni opportuno non rilevare l’interruzione per evitare un possibile conflitto con pubblico, risposi brevemente: “Di ciò parleremo in altra occasione…”.”
La promessa fu mantenuta, ma a distanza di tempo, e cioè il 16 aprile 1921, in una conferenza tenuta da Solari all’Associazione Italo-Americana sul tema “Radiotelegrafia ed Aviazione”. Ed invero solo dopo la grande guerra fu possibile citare fatti concreti sull’impiego della radio nell’aviazione.
Tale impiego si è sviluppato cautamente, lentamente ma efficacemente. In considerazione del timore di esplosioni di gas per causa delle scintille degli antichi apparecchi trasmettitori, la prima applicazione della radio su palloni fu fatta molto prudentemente con solo apparecchio ricevitore nel 1907 dal tenente aeronautico inglese Aston, su aerostato frenato.
La seconda applicazione fu fatta nel 1908 dallo stesso tenente Aston su pallone libero, ma sempre col solo ricevitore, che rimase in collegamento con una stazione trasmettente terrestre sino alla distanza di 35 km circa.
Verso la fine dello stesso anno 1908 fu applicata per la prima volta una piccola stazione trasmettente a bordo di un pallone libero.
Nel 1911 fu fatto il primo impiego di una completa stazione trasmettente e ricevente Marconi a bordo del dirigibile inglese Beta. Tale dirigibile corrispose regolarmente con una stazione terrestre alla distanza di circa 50 km.
In pari tempo nel 1912 vennero iniziate in Inghilterra ed in Francia le applicazioni della radio nei primi aeroplani militari. La distanza massima raggiunta fra aeroplani e stazioni terrestri fu di 16 km.
Nelle grandi manovre inglesi del 1912 fu usata la radio a bordo di due dirigibili. Furono applicate stazioni Marconi della potenza di un kilowatt.
Alla fine di quella manovre il generale Griecson dichiarò “L’impressione lasciata in me è che l’uso della radio rivoluzionerà l’arte della guerra”.
Negli anni 1913-1914 la radio cominciò ad avere una discreta applicazione su aeroplani e dirigibili inglesi, tedeschi e francesi.
Allo scoppio della guerra europea, l’Inghilterra possedeva sedici aeroplani e due dirigibili muniti di radio. La Germania e la Francia tennero segreto il numero di aeroplani e di dirigibili muniti di radio a quella data, ma tuttavia, in ogni modo di un numero modesto.
In Italia si procedette a tale riguardo più cautamente. All’inizio della guerra europea (1914) nessun aeroplano italiano era munito di radio. Nel 1915 fu deciso di eseguire presso il campo di Mirafiori a Torino un primo esperimento. Dal diario di Solari rileviamo:
“Settembre 1915 – Un piccolo trasmettitore a scintilla di tipo sperimentale della potenza di circa 30 watts costruito dalle Officine Marconi di Genova è stato portato al campo di Mirafiori a Torino per essere sperimentato alla presenza di Marconi ed in base alle sue direttive. Tale trasmettitore pesava circa 16 kg ed era alimentato da una leggera batteria di accumulatori. Esso aveva una gamma di lunghezza d’onda compre fra 100 e 200 metri; il circuito secondario era costituito dallo scaricatore a scintilla collegato da un lato con la massa metallica del velivolo (che funzionava come la presa a terra degli impianti terrestri) e dall’altro lato con un filo conduttore lasciato pendere, della lunghezza di poche decine di metri.
In questo primo esperimento non fu sistemato sul velivolo l’apparecchio ricevitore, data la difficoltà che si aveva allora nel ricevere dei deboli segnali in mezzo al frastuono dei motori ed ai disturbi causati dal sistema elettrico di accensione dei motori stessi. A terra fu sistemata una piccola stazione campale.
Si trattava di provare per la prima volta come sarebbero state ricevute a terra le segnalazioni trasmesse da bordo di un piccolo monoplano da caccia. Quando tutto fu pronto, Marconi, il generale Moris ed alcuni ufficiali del Genio Militare si avvicinarono all’aeroplano sul quale aveva preso posto un allievo pilota ancora privo di brevetto.
“Ed ora chi va a fare da radiotelegrafista?” chiese Marconi. Ed io avanzando dissi: “S permette, andrei io”.
Marconi rimase perplesso e per evitarmi il grave rischio di volare con un giovane allievo pilota replicò: “Ma Lei non ricorda più l’alfabeto Morse, è fuori esercizio!”
Alcuni degli ufficiali presenti esclamarono: “Bene, bravo! Vada il Comandante Solari!”. Ed io d’un salto fui dentro la piccola carlinga di quel primitivo velivolo.
Fui ben legato. Misi fra le ginocchia il piccolo trasmettitore, presi in mano la matassa del filo aereo da sciogliere gradatamente quando il velivolo si fosse sollevato da terra e.. . via!
Prendemmo quota rapidamente. Ci dirigemmo verso il Moncenisio. Spirava verso le Alpi un forte vento a raffiche. L’aeroplano faceva dei bruschi salti ed aveva delle oscillazioni non ritmiche, che a me, marinaio, abituato al ritmico rullio della nave, davano un impressione poco rassicurante. Con tale impressione non riuscivo a formulare alcuna frase da trasmettere. Mi limitai perciò a trasmettere delle lunghe serie della lettere “s” (formata semplicemente da tre punti) secondo il metodo usato da Marconi nelle trasmissioni sperimentali. Quando fummo vicini al Moncenisio, feci cenno al pilota di virare di puntare sul castello di Moncalieri. Compiuti vari giri fra Moncalieri e Torino, si iniziò l’atterraggio. Ma fu un atterraggio a precipizio! Avevo l’impressione che la terra si sollevasse e si avvicinasse a me rapidamente. Ad un tratto ebbi la sensazione che andavamo a fracassarci sul suolo. Al primo contatto col suolo facemmo uno sbalzo tremendo. Sentii uno schianto: qualche cosa si era rotto. Dopo aver piastrellato, ci fermammo inclinati su di un’ala. Il generale Moris e Marconi mi corsero incontro. Quando Marconi mi vide scendere dalla carlinga sano e salvo mi disse contento, quasi con un senso di reazione contro la preoccupazione avuta a mio riguardo: “Lo dicevo io che Lei aveva dimenticato l’alfabeto Morse, non ha saputo trasmettere che la lettera “s”!”
“Sfido io – risposi – con quello spaghetto che avevo voleva forse che le mandassi dei complimenti? Ma la lettera “s” è stata ricevuta?” richiesi.
“Si, benissimo” rispose Marconi.
“Ebbene l’esperimento è riuscito - soggiunsi con aria di trionfo – ho ripetuto il metodo usato da lei nella prima trasmissione transataltantica.”
Marconi rise di questa mia allegra risposta e poi, rivolgendosi al Generale Moris disse: “E ora possiamo pensare all’impiego della radio nell’aviazione al fronte”.”
Dopo questo primo esperimento la radio ebbe crescente applicazione anche nell’aviazione italiana, per merito, in un primo tempo, di ufficiali del Genio Militare, ed in seguito per merito di ufficiali del nuovo corpo della R. Aeronautica.
Nel’aviazione militare si erano raggiunti grandi traguardi nella regolazione del tiro delle artiglierie fatta per mezzo di aeroplani muniti di apparecchi radio. Per la storia, ricordiamo che la vittoria inglese nella battaglia di Messines (7 giugno 1917) fu in gran parte dovuta all’efficientissimo ausilio dato alle artiglierie britanniche dalle segnalazioni inviate con tale sistema.
L’impiego della radio nella regolazione del tiro riuscì talmente utile che alla fine della guerra europea il solo esercito britannico disponeva per tale servizio di non meno di 600 stazione installate su aeroplani militari.
Sino al 1917 gli apparecchi trasmettitori usati nell’aviazione militare furono del tipo a scintilla. Ma verso la fine del 1917, dopo essere stati sperimentati, a scopo di studio, piccoli apparecchi a tubi elettronici per aeroplani, furono impiegati per la prima volta da parte dell’aviazione italiana e di quella britannica apparecchi a valvola del sistema Marconi di tipo leggero e della portata di circa 50 chilometri.
Uno dei primi trasmettitori a valvola per aviazione fu applicata da Marconi nel 1917 con l’assistenza dell’ingegner Franklin a bordo di un dirigibile italiano. I risultati ottenuti furono tali da indurre l’officina radiotelegrafica del Battaglione Dirigibilisti a costruire una prima serie di trasmettitori ad onde persistenti basati su brevetti Marconi.
Simili apparecchi installati anche sulle quadriglie britanniche da bombardamento sul fronte franco-tedesco. Alla data dell’armistizio fu scoperto che l’aviazione tedesca non disponeva ancora di apparecchi trasmettitori ad onde persistenti con i quali gli eserciti degli alleati avevano ottenuto utilissimi servizi nell’ultimo periodo della guerra. Ciò fu scoperto per mezzo di un documento trovato in un aeroplano tedesco caduto dietro la linea del fronte franco-inglese; con tale documento veniva promesso un elevato premio all’aviatore tedesco che avesse potuto catturare un apparecchio radio a valvola termoionica usato dal nemico sui suoi velivoli.
Verso la fine della guerra (nel settembre 1918) furono impiegati i primi apparecchi radiotelefonici su aeroplani militari sul fronte franco-inglese.
Gli apparecchi trasmettitori furono di diversi tipi, con differenti potenze e lunghezze d’onda a seconda del servizio strategico e tattico alla quale erano destinati.
Le distanze generalmente coperte da aeroplani e dirigibili durante la guerra europea furono in media alquanto modeste; su tali distanze la condotta della navigazione aerea non offriva grandi difficoltà.